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La storia di Okinawa tra Cina e Giappone

Le isole dell’arcipelago Ryūkyū si estendono tra il Kyūshū e Taiwan con una superficie in lunghezza superiore ai 1000 km. L’isola principale di Okinawa, che occupa una superficie pari a 1220 km², è situata esattamente a metà strada tra il Kyūshū e Taiwan. Data la sua posizione geografica, Okinawa è stata profondamente plasmata dalla cultura cinese e da quella giapponese.

Il tōde, nome originario del karate, è una chiara esemplificazione di questo duplice influsso. Per tal motivo, è necessario dare un accenno alla storia di Okinawa così da poter cogliere la valenza culturale della formazione del karate.

La Cina come modello culturale

La popolazione di Okinawa e quella del sud del Giappone presentano radici comuni derivanti da antiche migrazioni che partendo dall’Indonesia e dalle Filippine raggiunsero il Giappone passando per Okinawa.

Okinawa e il Giappone condividevano diverse caratteristiche etniche, parlavano dialetti provenienti da una stessa lingua che si scisse in due tra il III e il VI secolo ed entrambe vivevano essenzialmente di pesca e agricoltura, utilizzando tecniche di risicoltura simili.

Tuttavia il divario culturale tra Okinawa e il Giappone cominciò a manifestarsi in maniera evidente a partire dell’epoca Yayoi (dalla fine del III secolo a.C. al III secolo d.C.), quando il Giappone diede inizio ad un processo di trasformazione molto rapido sulla base del modello culturale cinese.

L’intensità degli interscambi tra Okinawa e il Giappone iniziò ad affievolirsi data la notevole differenza di velocità dei cambiamenti culturali tra le due regioni.

Okinawa rimase, infatti, esclusa dall’influenza della cultura cinese. L’avanzamento evolutivo della società di Okinawa ebbe una svolta nel IX secolo, quando venne introdotta una divisione gerarchica sia all’interno dei villaggi che nei contatti con l’esterno. L’XI secolo vide l’affermazione di alcuni capitribù, gli aji, grazie all’introduzione dal Giappone di utensili in ferro il cui utilizzo permise di incrementare la produttività e quindi rafforzare il loro potere.

In seguito a conflitti ed alleanze, nel XVI secolo, furono costituite tre federazioni, che rispettivamente presero il nome di: Hokuzan (Montagna del nord), Chūzan (Montagna di mezzo), e Nanzan (Montagna del sud). Si aprì così una nuova fase della storia di Okinawa.

I capi degli Stati di Sanzan (le Tre Montagne) cercarono di instaurare, ognuno indipendentemente dall’altro, rapporti con la dinastia cinese dei Ming.

Durante il periodo Sanzan, sotto l’influenza cinese, la società di Okinawa si sviluppò ad un ritmo sostenuto, continuando però a mantenere un divario aperto con il Giappone. Satto, re di Chūzan, fu il primo a stabilire una relazione di vassallaggio con la Cina che può essere considerata come “la prima pietra del ponte attraverso il quale gli elementi originali del karate saranno importati a Okinawa.”

Già a partire dal 1372, la presenza cinese nelle isole Ryūkyū divenne così influente al punto tale che era l’imperatore della Cina che conferiva il titolo di re di Ryūkyū, inviando un’ambasceria ogni qualvolta venisse celebrata l’incoronazione di un re.

Si presume che la delegazione cinese avesse avuto un ruolo centrale nella diffusione dell’arte del combattimento data la sua lunga permanenza in occasione di ogni incoronazione.

Nel 1392 il re Satto richiese ad un gruppo di famiglie cinesi di trasferirsi nel villaggio di Kume, nella regione di Naha.

Queste famiglie, il cui incarico era quello di mantenere salda la relazione di dipendenza di Okinawa con la Cina, formavano una cerchia chiusa all’interno della quale si suppone praticassero un’arte del combattimento a mani nude, simbolo della loro autorità e della loro posizione privilegiata.

Dopo un periodo di tumulti politici e territoriali, venne costituito il Regno unificato delle isole Ryūkyū e stabilito il primo potente Stato centralizzato sotto la guida della dinastia Shō, la quale insediò il suo governo a Shuri, consolidando un sistema di governo realizzato sulla base del modello cinese.

L’Imperatore Shō Shin confiscò tutte le armi presenti nel paese, operando un vero e proprio disarmo della popolazione, che mirasse alla costituzione di un ambiente pacifico ed armonioso.

Quindi cadrebbero le ipotesi per le quali il karate sia nato a causa di una rivolta di un popolo privato delle armi contro un invasore straniero o contro il potere oppressivo del re.
L’arte del combattimento di matrice cinese, da cui poi deriverà il karate nelle sue molteplici forme, era una manifestazione del privilegio, dell’autorità e della capacità difensiva di alcune famiglie cinesi trasferitesi ad Okinawa.

Il karate non presenta origine popolare perché era praticato in segreto in cerchie chiuse alle quali solo pochi potevano accedere, per di più nobili.

Il dominio giapponese nel regno di Ryūkyū

Nel 1609 il clan degli Shimazu del feudo giapponese della regione di Satsuma (odierna prefettura di Kagoshima) impose la propria supremazia sul regno di Ryūkyū, che non possedeva un armamento in grado di far fronte a quello giapponese. Data la scarsità di armi di cui disponeva la popolazione, la sconfitta fu immediata.

Di conseguenza, le isole Ryūkyū furono soggette al controllo formale dello shogunato giapponese. Venne difatti garantita la semi-indipendenza, ovvero al sovrano di Ryūkyū fu concesso il diritto di tornare sul trono a patto che, come nel caso della Cina, venissero versati tributi anche ai signori di Satsuma.

Fino alla fine del XIX secolo, il regno di Ryūkyū fu sottoposto ad una duplice influenza. Da un lato, mantenne il suo rapporto di vassallaggio con la Cina e dall’altro rimase soggetto alla dominazione giapponese che vietò ogni rapporto con lo straniero, ad eccezione per la Cina.

Gli Shimazu potevano trarre vantaggio dal rapporto di vassallaggio con la Cina, beneficiando di una relazione commerciale indiretta con essa.

Ne risulta che la sudditanza formale non impedì al regno di Ryūkyū di mantenere la sua posizione di mediatore commerciale fra la Cina e il Giappone. Ad ogni modo, sotto il regime shogunale, l’arcipelago rimase a lungo isolato. Fu solo nel XX secolo, grazie all’espansione del karate, prima nel Giappone centrale e poi nel mondo intero, che Okinawa riuscì nuovamente affermare la propria identità. I signori giapponesi di Satsuma decisero di mantenere l’interdizione delle armi voluta dal re Shō Shin un secolo e mezzo prima.

Inoltre, il sistema gerarchico venne notevolmente irrigidito. Nonostante la rigorosità della divisione in classi, nel corso del XVII e del XVIII secolo, quando i vassalli furono costretti ad orientarsi verso l’artigianato, il commercio e poi l’agricoltura, a causa di un forte impoverimento, iniziò a manifestarsi una prima forma di mobilità sociale tra la classe dei vassalli e quella dei contadini.

È possibile pensare che, grazie agli spostamenti tra i diversi strati sociali, l’arte del combattimento si sia diffusa in modo graduale anche tra i ranghi che precedentemente ignoravano la sua esistenza.

La trasmissione del tōde fu a carattere esoterico perché, da una parte, quest’ultimo fu a lungo praticato segretamente e, dall’altra, la dominazione di Satsuma continuò a mantenere il proprio controllo sull’armamento del territorio. Il fatto che l’arte del combattimento a mani nude fosse quasi del tutto sconosciuta dall’insieme della popolazione, che la sua pratica fosse gelosamente custodita come un segreto, essendo concepita come segno di privilegio e che la sua diffusione si fosse verificata tramite reti di trasmissione nascoste, fa riflettere sulla logica sociale e sulla tradizione culturale della formazione del karate.

È quindi dal 1609, con la conquista dell’arcipelago da parte degli Shimazu, che la storia delle isole Ryūkyū diventa storia giapponese.

Il periodo feudale si concluse in Giappone nel 1867. Secondo la periodizzazione della storia giapponese si aprì l’era Meiji, che segnò la nascita del Giappone moderno. Con l’abolizione del bakufu, governo militare dello shōgun, vennero nuovamente aperte le frontiere del paese e venne ristabilita la centralità della figura dell’imperatore. Durante la cosiddetta “Restaurazione Meiji” ebbe avvio il processo di modernizzazione del paese.

Il Giappone si sviluppò ad una velocità sorprendente: l’industrializzazione, l’ampliamento della forza militare e la costituzione di un nuovo sistema politico-amministrativo ispirato ai modelli occidentali caratterizzarono in maniera sostanziale questo periodo.

All’inizio dell’epoca moderna anche le isole Ryūkyū furono soggette ai notevoli cambiamenti di cui fu protagonista il Giappone. Nel 1879 i feudatari giapponesi persero i loro privilegi sul regno e la famiglia reale venne destituita. Fu così possibile l’integrazione del territorio al nuovo Stato giapponese. Le isole Ryūkyū divennero “il dipartimento di Okinawa”. La fine del XIX secolo stabilì una tappa storica assolutamente rilevante per gli abitanti di Okinawa. In questo periodo, costellato da grandi mutamenti, emerse la volontà di manifestare la propria identità giapponese con lo scopo di valorizzare nuovamente il proprio legame con il Giappone. Questo obbiettivo richiese l’inevitabile allontanamento dalla cultura cinese il cui colore rimarrà comunque impregnato nel modo di vivere dell’intera popolazione.

Il sentimento di appartenenza alla cultura giapponese si consolidò con la partecipazione di Okinawa alla guerra sino-giapponese. Chiaramente alcuni scelsero di rimanere fedeli alla Cina. Da quel momento in avanti, Okinawa, che aveva a lungo vissuto in bilico tra Cina e Giappone, si integrò definitivamente a quest’ultimo.

Da questa breve analisi storica possiamo cogliere la peculiarità dell’identità di Okinawa, ovvero il suo carattere ibrido dato dall’intima integrazione della sua cultura con gli influssi cinese e giapponese. L’articolazione di questi tre elementi è centrale nello studio della formazione del karate e in modo particolare nell’analisi di quest’arte marziale in quanto fenomeno di appropriazione culturale. La stessa combinazione che ha generato l’identità culturale okinawense nel suo complesso, conferisce il senso culturale a questa disciplina, che sviluppatasi originariamente dall’arte del combattimento cinese, ha conosciuto la sua evoluzione sotto l’influenza delle arti marziali giapponesi, ovvero il budō. Per poter essere introdotta tra le discipline budō, il M° Funakoshi Gichin, fondatore dello Shōtōkan operò una vera e propria manipolazione linguistica della parola tōde.

Il nome antico di karate, tōde, 唐手, significava “la mano (te 手) della Cina (tō 唐)”. All’inizio del XX secolo, il M° Funakoshi cominciò a trascrivere il primo ideogramma di tōde, 唐, con l’ideogramma 空 (kara) che significa “vuoto”. Questa sostituzione fu possibile perché l’ideogramma 唐 si può anche pronunciare kara.

Venne così coniata la nuova parola karate, ovvero “la mano vuota”. L’utilizzo dell’ideogramma 空 ebbe un doppio risultato: da un lato, permise di nascondere la presenza cinese e, dall’altro, agevolò la valorizzazione del termine karate. Infatti, l’ideogramma 空 favorì la rievocazione del profondo significato di “vuoto” secondo l’accezione del buddismo zen.

La diffusione del tōde ad Okinawa

L’introduzione dell’istituzione scolastica ad Okinawa, come in tutto il Giappone, e l’instaurazione del sistema di coscrizione militare obbligatorio, unito alla costituzione di un sistema di educazione fisica in tutte le scuole, significarono un grande punto di svolta per l’arte locale trasmessa fino a quel momento.

Vennero apportate fondamentali modificazioni alla disciplina classica, che presto diventò una materia scolastica.

Nel 1901 il M° Itosu Ankō, attraverso il quale ci sopraggiunge la tradizione dello shurite della scuola del M° Matsumura Sōkon, riuscì a fare adottare il tōde come disciplina di educazione fisica nella scuola elementare di Shuri. L’insegnamento del M° Itosu fu apprezzato al punto tale che, nel 1905 il tōde fu introdotto anche nei programmi didattici del liceo e dell’istituto magistrale di Okinawa.

La formalizzazione del tōde, in seguito al suo inserimento tra gli insegnamenti scolastici, richiese l’attenuazione del suo aspetto combattivo per evidenziarne le componenti educative, fisiche e morali.

L’intenzione primaria del M° Itosu era quella di diffondere il te di Okinawa in tutto il paese. Il M° Itosu non era il solo a voler trasmettere la sua arte in tutto il paese. Questo desiderio accomunava numerosi adepti del te che si prefissero l’obbiettivo di cancellare l’immagine esoterica di questa disciplina e di gettare le basi per la formazione di una pratica che potesse essere indirizzata ad un numero sempre maggiore di allievi.

Alla base di questo cambiamento risiedeva la volontà di stabilire l’identità okinawense di fronte al Giappone, nuovo Stato moderno.
Successivamente, questo desiderio venne accompagnato dall’intenzione di elevare il te di Okinawa al rango delle arti marziali propriamente giapponesi.

Il collocamento tra le discipline appartenenti al budō poteva garantire la nobilizzazione dello status del tōde.

Gli stili e i maestri fondatori

L’esistenza di una così ricca varietà di stili è riconducibile al fatto che l’arte cinese del combattimento trasmessa ad Okinawa fosse distinta in due correnti fondamentali: shōrinryū e shōreiryū.

Le differenze che caratterizzano le due diverse correnti sono spiegate chiaramente dal M° Funakoshi: “[…] se i kata devono essere classificati, si può, in maniera generale, distinguere due grandi gruppi: quelli che appartengono allo shōreiryū (scuola shōrei) e quelli che appartengono allo shōrinryū (scuola shōrin). Il primo mette l’accento sullo sviluppo della forza e della potenza muscolare; è sorprendente per l’impressione di forza che sprigiona. Al contrario, la scuola shōrin è molto leggera, e richiama senz’altro il rapido volo del falco […].

I due stili sviluppano lo spirito e il corpo, e l’uno non è migliore dell’altro. Essi hanno entrambi i loro punti deboli e i loro punti forti, e coloro che vogliono studiare il karate devono riconoscere questi punti e studiarli di conseguenza.”

La scuola shōrin diede origine allo shurite (praticata a Shuri) e al tomarite (praticata a Tomari) mentre dalla scuola shōrei si sviluppò il nahate (praticata a Naha). L’arte studiata in ognuna di queste tre zone di Okinawa si articola in un numero di varietà non indifferente.

Lungo il percorso di ramificazione è assolutamente centrale il momento di rottura (anni Venti e Trenta del XX secolo) nella formazione dell’arte locale e del karate sviluppato in Giappone.

Esistono 4 scuole principali: shōtōkan, M° Funakoshi Gichin (1868-1957), gōjūryū, M° Miyagi Chōjun (1888-1953), shitōryū, Mabuni Kenwa (1889-1952), wadōryū, M° Ōtsuka Hironori (1892-1982).

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